I pesci sono gli animali marini più emblematici, tuttavia sono visti quasi esclusivamente come cibo o come animali domestici decorativi. Basti considerare come sono rappresentati nel nostro linguaggio, come “merce” che viene “allevata” e venduta a tonnellate.

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Scatole con pesci morti su un peschereccio ispezionato durante la campagna di Sea Shepherd Global in Gabon, Operazione Albacore.

Oggi la maggior parte delle persone è fiera di sostenere la protezione di balene, delfini, pinguini e tartarughe. Anche gli squali,  dopo secoli di demonizzazione e milioni di esemplari ammazzati, stanno finalmente iniziando a ottenere la considerazione e la protezione che meritano, in quanto importanti predatori all’apice della catena alimentare. Ma la maggior parte dei pesci – e altre specie di fauna marina generalmente definite “frutti di mare” – finiscono ancora nei nostri piatti senza il minimo riguardo di come siano arrivati lì o se sia giusto mangiarli.

“Ovviamente il linguaggio viene scelto con cura, così che i consumatori non si domandino con che metodi i pesci e altre creature vengono prelevati dal nostro oceano”, scrive Alex Cornelissen, amministratore delegato di Sea Shepherd Global, in un dibattito sulla pesca sostenibile.

Forse il motivo per cui raramente consideriamo il destino dei circa 2,7 trilioni di pesci selvatici che vengono prelevati dall’oceano ogni anno [1] è che semplicemente non sappiamo o non capiamo molto di loro… e ciò che pensiamo di sapere è spesso obsoleto e non corretto.

Ma questo può cambiare man mano che aumenta la consapevolezza di quanto i pesci siano davvero complessi e affascinanti e del ruolo importante che svolgono nel mantenere l’ecosistema dell’oceano.

I Pesci Sono Fondamentali per un Ecosistema Sano

È impossibile avere un oceano sano senza pesci. Svolgono un ruolo fondamentale nel mantenimento della salute e dell’equilibrio degli ecosistemi marini e persino nel contenimento dei cambiamenti climatici.

– Mangiare ed essere mangiati: i pesci sono una parte essenziale della rete alimentare marina, bilanciano le popolazioni delle specie di cui si nutrono (compresi pesci più piccoli, crostacei e plancton) e forniscono sostentamento a un’ampia gamma di predatori più grandi, uccelli marini e mammiferi come le balene. L’esaurimento di popolazioni ittiche a causa degli esseri umani può portare effetti a cascata che mettono in pericolo innumerevoli altre specie che dipendono da questi animalii per la loro sopravvivenza.

– Per i nutrienti: le feci dei pesci vengono decomposte da batteri e altri microrganismi. Questo processo aiuta a riciclare i nutrienti, rendendoli disponibili ai produttori primari come il fitoplancton e le alghe, che a loro volta permettono la fissazione del carbonio attraverso la fotosintesi.

– Creazione di habitat: alcune specie ittiche, come i pesci che costruiscono la barriera corallina, svolgono un ruolo cruciale nella creazione e nel mantenimento di habitat per altri organismi marini. Ad esempio gli scaridi, o pesci pappagallo, aiutano a conservare le barriere coralline nutrendosi di alghe e impedendo la loro crescita eccessiva che rischia di soffocare i coralli.

– Per la biodiversità: ci sono circa 34.000 specie conosciute di pesci, più di tutti gli altri vertebrati del pianeta messi insieme. Questa biodiversità è vitale per la salute generale dell’oceano, in quanto contribuisce alla stabilità e alla resilienza dell’ecosistema.

– Per la cattura del carbonio: i pesci contribuiscono all’assorbimento di carbonio quando muoiono e i loro corpi affondano sul fondo dell’oceano, contribuendo a rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera. Inoltre,  eliminando carbonato di calcio, che si scioglie nell’acqua di mare, permettono di immagazzinare il carbonio sotto forma di carbonio inorganico disciolto[2].

Sebbene sappiamo quanto siano importanti i pesci per mantenere l’oceano in salute, li consideriamo ancora come una risorsa illimitata. Il consumo di pesce è quadruplicato negli ultimi 50 anni, due volte più rapida della crescita demografica umana, perché l’uomo medio ora mangia quasi il doppio di pesce rispetto a mezzo secolo fa. Nel 1974 solo il 10% dei bacini di pesce era considerato sovrasfruttato. Oggi, secondo la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD), quasi il 90% delle risorse ittiche mondiali sono completamente sfruttate, sovrasfruttate o esaurite. Oltre la metà dello sfruttamento ittico avviene al largo delle coste dell’Africa occidentale, dove Sea Shepherd Global combatte insieme ai governi locali per fermare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN), che minaccia ulteriormente le popolazioni ittiche [3].

Con gli attuali i progressi tecnologici, per i pescherecci industriali è diventato più facile che mai svuotare efficacemente il mare di quasi tre trilioni di pesci ogni anno. Eppure i metodi di pesca utilizzati non sono solo dannosi per l’oceano e gli habitat marini, ma sono anche crudeli per i pesci e altre catture accidentali che soffrono e muoiono nelle loro reti.

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Sea Shepherd e la marina del Gabon ispezionano un peschereccio con reti da circuizione nell'Operazione Albacore.

Sì, i pesci possono provare dolore

“I pesci venivano generalmente considerati come una specie aliena e molto primitiva, quindi non ci importava davvero come venissero uccisi”, afferma la biologa marina Victoria Braithwaite. “Se guardiamo alle reti a strascico, è un modo piuttosto crudele di uccidere i pesci: prima subiscono il trauma barometrico nel passaggio dall’oceano all’aria aperta per poi soffocare lentamente”. [4]

Uno dei motivi per cui per noi è così difficile relazionarsi con i pesci è che non crediamo che provino dolore. Questa credenza è durata così a lungo semplicemente perché, fino a poco tempo fa, non c’erano studi scientifici che dimostrassero il contrario. [5]

Gli esperimenti di ricerca condotti dai biologi negli ultimi 15 anni hanno largamente dimostrato che i pesci provano realmente dolore, esattamente come i mammiferi e gli uccelli. [6] In effetti, i pesci sono specie altamente evolute con sensi acuti che danno loro la capacità di vedere più colori degli umani, possiedono recettori olfattivi lungo tutto il corpo, possono percepire i campi elettromagnetici o persino navigare per migliaia di miglia.

“‘Come potrebbero non sentire dolore?” chiede la famosa oceanografa Sylvia Earle in un’intervista del 2018 a The Guardian. “I pesci hanno avuto alcune centinaia di milioni di anni per evolversi. Siamo noi i nuovi arrivati. Trovo sorprendente che molte persone restino scioccate all’idea che i pesci siano esseri senzienti”.

Ciò significa che è probabilmente il dolore – e non un semplice riflesso – che scuote violentemente il corpo dei pesci quando vengono agganciati da un amo e quando boccheggiano se sottoposti al metodo di pesca più comune: l’asfissia. Alcuni pesci impiegano più di un’ora a morire per soffocamento quando vengono estratti dall’acqua [7]. E questo solo quando sopravvivono allo schiacciamento sotto il peso degli altri pesci issati nelle enormi reti dei pescherecci industriali.

Sfortunatamente, anche se ora gli scienziati concordano sul fatto che i pesci siano esseri senzienti che possono provare dolore, questo non ha cambiato il modo in cui l’industria della pesca li fa arrivare sulla tavola, specialmente se catturati in mare. I metodi di pesca industriale che schiacciano, soffocano o congelano pesci vivi e altra fauna marina sono perfettamente legali.

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Pesci morti che scivolano all’interno della stiva di un peschereccio con reti a circuizione in Gabon.

Le capacità cognitive ed emotive dei pesci

Se non ti preoccupa quanto siano importanti i pesci per un oceano sano e ti lascia indifferente la loro capacità di provare dolore, forse può stupirti la loro astuta ingegnosità.

Dimentica il vecchio luogo comune secondo il quale i pesci hanno una memoria di soli 3 secondi. Le recenti ricerche hanno dimostrato che i pesci sono creature incredibilmente intelligenti con capacità cognitive avanzate, come l’apprendimento, la memoria e la capacità di risolvere dei problemi.

“I pesci sono più intelligenti di quanto sembri”, scrive il famoso ricercatore di pesci, il professor Calum Brown, nel suo articolo su New Scientist, “Menti animali: più che un bel muso” (Titolo originale Animal Minds: Not Just a Pretty Face, NdT). “In molte aree, come la memoria, i loro poteri cognitivi raggiungono o superano quelli dei vertebrati superiori, compresi i primati non umani. Soprattutto, considerato il ruolo centrale svolto dalla memoria nell’intelligenza e nelle strutture sociali, i pesci non solo riconoscono gli individui, ma possono anche stabilire complesse relazioni sociali”.

Ecco solo alcuni esempi:

– Cooperano: murene e cernie comunicano attraverso particolari gesti per cacciare insieme, aiutandosi a vicenda a localizzare e catturare le prede [8]

– Riconoscimento dei volti: i pesci possono riconoscere e ricordare il viso delle persone che li nutrono, cosa che gli scienziati in precedenza pensavano fosse possibile solo per pochi animali come cavalli, mucche, cani e alcuni uccelli quali i piccioni [9]

– Usano attrezzi: i pesci della famiglia Labridae usano le rocce come strumento per aprire le vongole, comportamento registrato solo di recente [10]

– Sono buoni comunicatori: i Mormyridae comunicano tra loro usando impulsi elettrici nella coda, che trasmettono informazioni quali la specie dell’esemplare, il sesso, l’età, lo stato di dominanza e persino stati emotivi come aggressività, sottomissione e corteggiamento [11].

– Non hanno bisogno del GPS: è risaputo che i salmoni sono tra i più grandi navigatori grazie alle loro capacità sensoriali avanzate, si orientano utilizzando il campo geomagnetico, una bussola 3D interna, e possiedono persino un incredibile senso dell’olfatto: rilevando solo alcune parti su milione riescono a risalire al loro fiume natale nelle correnti oceaniche, e a ritrovare la via di casa, migrando fino a 50 km al giorno e  3000 km in totale, nuotando controcorrente per deporre le uova esattamente negli stessi fiumi di acqua dolce in cui sono nati [12].

– Hanno la propria personalità: oltre ad essere intelligenti e capaci di provare dolore, una nuova ricerca sta dimostrando ciò che chi trascorre molto tempo con i pesci già sa, ovvero che i pesci hanno una personalità, emozioni e vite interiori uniche. Sylvia Earle definisce le cernie i labrador del mare, per la loro forte personalità. Una cernia gigante di nome Ulysses allo Steinhart Aquarium di San Francisco si sdraia su un fianco e apre la sua bocca enorme per farsi accarezzare. Ma solo dalle persone che le piacciono; schizza acqua a quelli che non le stanno simpatici [13].

– E… sanno guidare! Nel 2021, alcuni scienziati hanno utilizzato un’interfaccia appositamente progettata che ha permesso ai pesci rossi di controllare un’auto robotica sulla terraferma: essenzialmente, un serbatoio trasparente su una piattaforma a quattro ruote che si muove in base all’orientamento e ai movimenti del pesce all’interno, che impara rapidamente a rincorrere i pellet di cibo [14]!

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Una cernia gigante a Cuba. Foto donata a Sea Shepherd Global da Marco Rossi.

Cos’altro ci sfugge?

Se tutte queste non sono ragioni sufficienti per smettere di uccidere indiscriminatamente i pesci, consideriamo il fatto che molte di queste scoperte sulle incredibili capacità dei pesci e sul loro ruolo nel mantenere un oceano sano sono state fatte solo negli ultimi due decenni!

Se fino a poco tempo fa non sapevamo nulla di tutto ciò, quante altre cose ci stiamo perdendo? Cos’altro potremmo scoprire di più se investissimo le nostre risorse proteggendo e imparando a conoscere il mare e la fauna marina che lo abita, invece di cercare modi più “efficienti” di sfruttare e consumare tutto fino a quando l’oceano non sarà morto?

Sea Shepherd Global si trova attualmente nell’Oceano Antartico per Operation Antarctica Krill, dove abbiamo beccato pescherecci da traino industriali prendere di mira branchi di balene per rubare il krill direttamente dalla loro bocca. Perché stiamo svuotando del suo krill uno degli ultimi ecosistemi incontaminati? Perché abbiamo già esaurito la maggior parte dei pesci in natura a causa della pesca eccessiva, quindi ora stiamo raccogliendo enormi quantità di krill per nutrire i pesci d’allevamento e vendere integratori alimentari.

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Reti piene di krill sul ponte di un’enorme peschereccio in Antartide. Foto di Sea Shepherd Global.

Cosa possiamo fare?

  1. Lasciamo il pesce fuori dal piatto: che sia pesce selvatico o d’allevamento nutrito con krill proveniente dall’Antartide, i pesci stanno meglio nell’oceano!
  1. Usiamo un linguaggio più appropriato: possiamo fare la differenza quando parliamo delle creature che vivono nell’oceano:

– Invece di “stock ittici”, diciamo “popolazioni di pesce”

– Invece di “prodotti ittici”, usiamo “fauna marina”

– Invece di “pescato”, diciamo “cacciato”

  1. Sosteniamo Operation Antarctica Defense di Sea Shepherd, fai una donazione qui

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