Del Capitano Paul Watson

Qual è stata la causa del cambiamento radicale di opinione di Kelly Slater in merito agli squali?

O forse, in fin dei conti, egli non ha cambiato affatto il suo punto di vista.

Nel 2014 Kelly è stato citato dai media australiani per quanto aveva dichiarato in risposta al programma di abbattimento degli squali del premier Colin Barnett in Australia Occidentale:

“Penso sia veramente stupido. Gli esseri umani vogliono controllare tutto. Cerchiamo di controllare l’erosione (delle spiagge), cerchiamo di controllare gli squali… non facciamo altro che cercare di controllare ogni cosa su questa terra ed è semplicemente assurdo. Una vera follia: uccidiamo circa 100 milioni di squali all’anno per fare una zuppa (di pinne di squalo). Li rigettiamo in mare senza pinne, morenti. In un certo senso è come se avessimo perso ogni forma di empatia nei confronti delle altre creature e penso che questo sia piuttosto triste. Se venissi mangiato da uno squalo, ne sarei onorato”.

Così, quando ho sentito che Kelly aveva inviato un messaggio su Instagram a Jeremy Flores, il famigerato sostenitore dell’abbattimento degli squali di La Riunione, la mia prima reazione è stata d’incredulità. Doveva essere una notizia falsa. Il messaggio era in contraddizione con tutto ciò che Kelly aveva sempre affermato sugli squali.

Nel suo messaggio a Flores sul social media Kelly dichiarava:

“Non sarò popolare nel dire questo ma, onestamente, si dovrebbe fare una seria operazione di abbattimento a La Riunione e la si dovrebbe ripetere tutti i giorni. Il governo francese deve rendersene conto al più presto”.

Ovviamente Flores ha preso spunto da quel messaggio per passare all’offensiva contro gli ambientalisti, prendendo di mira anche me e Sea Shepherd.

Non penso che Kelly avesse previsto lo tsunami di risposte da entrambe le parti. I sostenitori delle stragi di squali erano euforici e rapidamente hanno fatto uso dei social media per vantarsi di aver portato Kelly verso quello che gli ambientalisti considerano il “lato oscuro”. Molti difensori degli squali hanno reagito con rabbia e accuse. La natura di Internet è quella di rendere milioni di persone inclementi, poiché tendono a reagire con una condanna immediata senza verificare i fatti.

Non penso che Kelly avesse previsto che le sue parole avrebbero acceso la violenza a La Riunione o che il giorno dopo ci sarebbe stato un attacco con bombe incendiarie agli uffici della Riserva Marina. Infatti uno degli obiettivi di alcuni dei nemici degli squali dell’isola è quello di far chiudere la Riserva Marina e conseguentemente riaprire la pesca, compresa la caccia agli squali.

Non penso che Kelly avesse previsto le minacce di morte contro Jean Bernard Galves, il rappresentante di Sea Shepherd, e contro il collettivo di ONG che sostiene la fine dell’abbattimento e la protezione della Riserva Marina.

Né avrebbe potuto prevedere l’odio estremo diretto verso qualsiasi persona votata alla difesa degli squali, come mostra chiaramente il messaggio inviato dal surfista Christophe Fontaine all’Association de Sauvegarde des Requins.

“Tutti i miei amici sono morti a causa di attacchi di squalo. Avete vinto. Ora raderemo tutto al suolo per evitare che altri giovani muoiano a causa delle vostre stronzate. La Riserva Marina è già stata colpita e se ancora non hanno capito bruceremo i loro figli. Anche i figli del prefetto. Loro vogliono ucciderci. E allora noi uccideremo.

Amico, non so se hai capito il messaggio. Persone come te hanno permesso che i miei amici morissero divorati. Che tu l’abbia capito o no, non ci importa un cazzo. Se vieni qui ti ammazziamo. Noi uccideremo i tuoi figli, la tua famiglia e pisceremo sulla tua tomba e quella dei tuoi cari. Perché è ciò che avete fatto a noi fin dall’inizio.

Invia il messaggio anche ai due piccoli Zoreil (persone provenienti dalla Francia) che se ne vanno in giro per Boucan con le magliette di Sea Shepherd, provocandoci, e fa loro sapere che li daremo in pasto agli squali. Che ci citino in giudizio. Noi siamo andati in tribunale e questo non ci ha protetto dalla morte. Non proteggerà nemmeno voi. È il vostro turno”.

Non penso che Kelly avesse previsto l’ondata di rabbia, la sensazione di tradimento generata dalle sue parole e l’ira che molti fra i suoi ammiratori e fan gli hanno rivolto attraverso i social media.

Inavvertitamente Kelly ha dato loro la fiducia necessaria per scatenare accuse piene d’odio e per alimentare la loro violenta retorica.

In un primo momento sono rimasto deluso, ma non ero arrabbiato con Kelly. È un attivista per gli oceani molto impegnato e per anni si è espresso contro l’abbattimento degli squali, quindi è stato per me uno shock sapere che effettivamente aveva dichiarato quanto riportato.

Kelly è un uomo compassionevole e stava reagendo alla morte di un giovane surfista e credo che fosse la sua reazione istintiva alla tragedia. Non credo che questa affermazione neghi gli sforzi incredibili che Kelly ha fatto nel corso degli anni per accrescere la consapevolezza di ciò che noi, come specie, stiamo facendo per distruggere la biodiversità del mare.

Mi sono messo in contatto con lui e mi ha risposto che era davvero in sintonia con i surfisti che hanno perso la vita lì, che gli episodi di attacchi di squali sono più numerosi lì che in qualsiasi altro luogo del pianeta e che, anche se si oppone all’abbattimento degli squali in generale, è convinto che a La Riunione vi sia una situazione unica a causa dell’alta incidenza di attacchi.

La risposta di Kelly mi ha fatto comprendere a cosa sia dovuta la sua posizione. Il dolore per la perdita di amici e familiari, la sofferenza per le ferite inferte dagli squali sono causa di rabbia e desiderio di vendetta o, come nel caso di Kelly, di voglia di trovare qualche soluzione.

Non vi è dubbio che si tratti di una questione estremamente legata all’emotività: la morte di tanti surfisti in un tempo relativamente breve in un luogo ben preciso. Credo che Kelly abbia reagito in modo istintivo a queste tragedie, percependo anche l’unicità dell’insolita situazione di La Riunione.

È chiaro per me infatti che Kelly non avesse previsto il contraccolpo. Mi ha mandato questo messaggio ieri:

“Vorrei affrontare il mio commento sul recente attacco da parte di uno squalo leuca a La Riunione. Non ho riflettuto molto sulle mie parole. È facile farsi prendere dalle emozioni vista la recente vicenda degli squali che ha subìto la comunità locale, soprattutto quando si perdono giovani vite. Tuttavia, uccidere nella speranza che ciò possa essere una soluzione non è né in linea con la mia filosofia di vita né, credo, possa essere una soluzione a lungo termine ad un problema attuale. Questo è il momento giusto per impiegare energia e intelligenza al fine di trovare una soluzione che funzioni per tutti… utilizzando la tecnologia, la scienza e le emozioni umane. So che può essere trovata una soluzione che soddisfi tutti. Io continuerò ad imparare e a mettere energia negli sforzi per difendere e proteggere i nostri oceani.’ Con affetto, Kelly Slater

Sea Shepherd vuole lavorare con Kelly Slater e con chiunque voglia trovare una vera soluzione a questi attacchi a La Riunuione. Kelly vuole lavorare con noi, con i surfisti e con gli scienziati per trovare una soluzione.

Credo che i surfisti dell’isola, se veramente vogliono trovarne una, debbano capire che l’abbattimento non funziona, non ha mai funzionato. Il rimedio dovrebbe essere ricercato nel ripristino dell’ecologia marina, nell’incoraggiamento al ritorno degli squali grigi del reef e nell’aumento della biodiversità marina. Fino a quando queste soluzioni non verranno trovate, queste spiagge dovranno rimanere chiuse fino al completo ripristino. La difesa dagli squali leuca è costituita da una sana popolazione di squali grigi del reef e da una ricca varietà di popolazione ittica all’interno di una riserva marina ben tutelata.

Quindi non vedo perché condannare Kelly per aver espresso i propri sentimenti sinceri in merito agli incidenti mortali verificatisi sull’isola. Kelly è umano, è estremamente vicino alla comunità dei surfisti e ciò che ha detto l’ha detto dal punto di vista di un uomo e di un surfista che ha a cuore la vita delle persone che condividono la sua stessa passione per le onde.

Non dovremmo commettere l’errore di credere, nemmeno per un momento, che quest’uomo non abbia a cuore gli oceani, la biodiversità o le atrocità commesse. Conosco Kelly, ci tiene, ci tiene particolarmente.

Guardo al lato positivo di questa controversia. Forse ciò che Kelly ha dichiarato non era corretto se letto superficialmente; tuttavia ha messo in luce il fatto che si tratta di una situazione che si presta a fraintendimenti e l’unica soluzione può essere offerta da un esame scientifico oggettivo che conduca a risposte reali basate sull’ecologia. E l’abbattimento non è una delle soluzioni.

La situazione in cui versa La Riunione è stata causata dagli umani: inquinamento, pesca eccessiva, negligenza e il rifiuto di usare il semplice vecchio buon senso sostenuto da una seria comprensione dell’ecologia degli oceani. E come Kelly ha spesso dichiarato in passato, l’abbattimento semplicemente non funziona.

Il surfista statunitense Mike Coots, che ha perso una gamba a seguito dell’attacco di uno squalo concorda sul fatto che l’abbattimento non sia la soluzione: “Penso che l’abbattimento di una specie sia fondamentalmente sbagliato: la scienza ha dimostrato che non funziona. In realtà può peggiorare la situazione. Penso che dovremmo concentrarci di più sulla coesistenza tra umani e squali”.

Durante la seconda metà del ventesimo secolo l’abbattimento degli squali è stato effettuato nel tentativo di rendere più sicure le acque delle Hawaii. Dal 1959 al 1976 lo stato delle Hawaii ha abbattuto 4.668 squali. L’ Istituto per la Biologia Marina delle Hawaii e il Dipartimento di Stato per il Territorio e le Risorse Naturali hanno concluso che l’abbattimento si è rivelato “inefficace” poiché l’incidenza degli attacchi è rimasta immutata.

Gli isolani di La Riunione hanno sovrasfruttato le risorse ittiche dell’area e gli squali grigi del reef che una volta dominavano il territorio sono stati spazzati via. Non dagli squali leuca, come Jeremy Flores sostiene falsamente, ma dai pescatori. Tolti gli squali grigi del reef, sono arrivati gli squali leuca.

E qui sta il problema. Non solo l’abbattimento degli squali non funziona, ma in realtà influisce sull’ambiente, con il risultato che gli squali leuca sono più aggressivi e quindi più pericolosi.

Più di 200 squali sono già stati uccisi intorno all’isola e la sete di vendetta ha colpito non solo gli squali leuca, ma anche molti squali tigre, che non hanno ucciso alcun surfista. Quanti altri ne vogliono ancora uccidere? Stanno parlando di un’eradicazione definitiva? Perché la completa eliminazione è l’unico modo per garantire la sicurezza dei surfisti.

È l’estinzione dello squalo leuca il prezzo imposto dai surfisti in cambio della possibilità di godersi il loro sport?

Questo è ciò che accade. Uno squalo uccide un umano. Per vendetta numerosi squali vengono massacrati e queste azioni, invece di risolvere il problema, lo amplificano.

Per quale motivo la più alta incidenza di attacchi di squali nel mondo avviene in luoghi in cui si pratica l’abbattimento? In particolare a La Riunione, nel Queensland e nell’Australia occidentale.

La ragione di ciò è che l’eliminazione degli squali dal loro territorio crea un vuoto e quindi un invito per altri squali a sostituirli. Questi squali cercano di stabilirsi nel territorio rimasto libero considerandolo come proprio e questo li rende molto più aggressivi rispetto agli squali precedentemente presenti nell’area. L’abbattimento crea un buco nero che attirerà gli squali leuca dal Madagascar con conseguenti attacchi più aggressivi e con un numero maggiore di uccisioni di massa di squali. Si innescherà così un circolo vizioso di abbattimenti di squali e attacchi agli esseri umani.

Uccideteli e si aprirà la porta per nuovi sostituti. Uccideteli e l’unica conseguenza logica di un regime così radicale, affinché abbia successo, sarà la completa e totale eradicazione, cosa che Kelly Slater assolutamente non appoggia.

Fomentato da Jeremy Flores e dai suoi seguaci, il Journal de l’Ile de la Réunion ha definito Sea Shepherd e tutti gli scienziati e le ONG che si oppongono all’abbattimento “dei nazisti fanatici dei diritti degli animali”. Sostengono che siamo responsabili della morte dei surfisti perché ci opponiamo al massacro di squali. Dal nostro punto di vista la causa di questi attacchi frequenti è l’abbattimento stesso e per questo motivo, Flores e il governo della Francia sono decisamente complici delle circostanze che hanno portato a 20 attacchi a partire dal 2011, 8 dei quali si sono rivelati fatali.

Da tempo Sea Shepherd è a favore di una riserva marina tutelata che permetta il ritorno degli squali grigi del reef, in modo che l’equilibrio ecologico venga ristabilito. A tal fine le spiagge dove si verificano gli attacchi di squali dovrebbero essere chiuse al pubblico.

Kelly mi ha assicurato il suo sostegno nei confronti di questa strategia.

Ma ora diamo un’occhiata più da vicino alle vittime.

L’ultimo attacco ha avuto luogo nei pressi della foce di un fiume sulla costa orientale dopo forti piogge. Il fiume aveva portato una grande quantità di rifiuti nell’acqua fangosa. Le piogge avevano modificato il letto della foce del fiume, creando un’onda “perfetta”. Certamente allettante, ma i pescatori della zona avevano più volte messo in guardia i surfisti dall’enorme rischio di attacchi di squali, notoriamente aggravato dalle piogge. Fu proibita la balneazione e furono apposti dei cartelli, anche se molti di questi furono oggetto di atti vandalici. L’uomo che è morto era una ex addetto all’avvistamento degli squali ed era pienamente consapevole del pericolo. Tuttavia egli ha scelto di correre il rischio.

In una dichiarazione la sua famiglia ha detto: “La nostra famiglia non vuole che la morte di Alex venga usata per giustificare questo o quell’atto. Né vogliamo che si accusino gli animali selvatici per la morte di Alex. Alex era un grande appassionato ed era pienamente consapevole dei rischi che correva”.

L’incidente dell’aprile 2015 ha coinvolto un tredicenne. Il giorno prima si era deciso per l’attuazione di un sistema di avvistamento squali, ma quel giorno gli addetti non erano appostati a causa della scarsa visibilità e delle cattive condizioni del mare. La sessione di addestramento fu cancellata. Nonostante il divieto di praticare surf, il ragazzo e alcuni dei suoi compagni decisero di surfare; probabilmente si fidavano della rete anti-squalo installata dodici giorni prima a poche centinaia di metri di distanza. Questa era stata posizionata nonostante il parere contrario degli scienziati che avevano avvertito circa il rischio derivante dal posizionamento delle esche nei pressi delle spiagge.

Attualmente 15 scienziati del Marine Reserve Science Council, nonostante le enormi pressioni di stato, le continue minacce e gli insulti, hanno unanimamente affermato che posizionare esche nei pressi dei surfisti è pericoloso e che le reti anti-squalo non dovrebbero essere collocate all’interno della riserva e vicino alle spiagge.

Tutta questa situazione è stata causata dal sovrasfuttamento della pesca da parte dell’uomo, dall’eliminazione degli squali grigi del reef, dall’inquinamento e dallo scarico di liquami, interiora di pesce e frattaglie di animali e successivamente è stata aggravata dalle regolari forti piogge. Inoltre è già stato dimostrato che l’abbattimento non funziona e anzi contribuisce ad aumentare il numero degli incidenti.

Flores e il suo gruppo di sostenitori dell’abbattimento degli squali stanno cercando di far apparire gli scienziati e gli ambientalisti, fra cui Sea Shepherd e me, come misantropi disposti a sacrificare i giovani per salvare gli squali.

In realtà stiamo cercando di fermare gli attacchi degli squali lavorando per ripristinare l’integrità ecologica della zona attraverso la Riserva Marina. Sì, vogliamo salvare gli squali, ma facendo ciò ci impegniamo anche per salvare vite umane. Una cosa non esclude l’altra: per noi si tratta di proteggere sia la vita degli umani che quella degli squali.

Ciò che Flores sostiene semplicemente non va bene.

Da giovane, negli anni Sessanta e Settanta, ho praticato surf in California e alle Hawaii considerandola un’esperienza quasi religiosa e questo è uno dei motivi per cui nutro una così forte ammirazione per Kelly Slater. Tutti i surfisti dovrebbero essere convinti sostenitori della salvaguardia della fauna marina e in effetti Kelly è stato e continua ad essere un incredibile difensore, educatore e modello per i giovani di tutto il mondo.

Come surfista sono sempre stato consapevole dei rischi; potevo essere scagliato contro la barriera corallina o rompermi il collo a Makapuu Beach, ma ho sempre ritenuto il rischio di un attacco di squalo come l’ultima delle mie preoccupazioni. Questo non significa che non vi sia alcun rischio, ma solo che lo si poteva accettare in quanto ogni anno muoiono mediamente 5 persone a causa di un attacco di squalo e, considerando le decine di milioni di persone che entrano nell’Oceano ogni giorno, è una percentuale estremamente bassa.

In realtà è più pericoloso giocare a golf poiché molti più giocatori che surfisti muoiono ogni anno per i più svariati motivi, dalle punture di api o perchè colpiti dai fulmini.

Come lo stesso Kelly Slater disse una volta: “Se hai paura degli squali, stai fuori dall’Oceano”.

Questa è una convinzione che mantiene tuttora. Nulla è cambiato.

 

Paul Watson e Kelly Slater. Foto: Deborah Bassett

Paul Watson e Kelly Slater. Foto: Deborah Bassett

Traduzione a cura di Francesca Capretti

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