L’Operazione SISO è iniziata con le attività di pattugliamento in due aree a sud del mar Tirreno denominate Alpha e Bravo e terminata in altre due zone: Charlie e Delta.
L’attività investigativa da mare e da terra ha portato all’organizzazione ed allo svolgimento di controlli su motopescherecci nello specchio di mare di fronte a Bagnara Calabra, tristemente nota nella storia per l’uso di reti derivanti di tipo spadara.
La spadara è un tipo di rete pelagica derivante, composta da maglie comprese tra i 20 ed i 45 cm.
I dettagli dell’Operazione SISO
L’attività coordinata dei nostri gommoni veloci e delle motovedette della Guardia di Finanza, intervenute prontamente ed in concerto alle segnalazioni di pesca, hanno portato al controllo completo di due pescherecci.
Una delle due imbarcazioni ha tentato di liberarsi della rete derivante che stava utilizzando perché conteneva un pesce spada, ormai morto in una tremenda agonia, soffocato dalla rete che lo aveva completamente intrappolato.
La pesca con derivanti al pesce spada è vietata ed era questa la violazione che impauriva l’equipaggio del peschereccio, che ha tentato di liberarsi del corpo del reato rigettandolo in acqua. Tuttavia questo tentativo è stato impedito dall’intervento degli agenti della finanza.
Abbiamo incontrato le famose tonnare volanti seguendo la rotta a nord del vulcano Stromboli, durante la giornata del 10 giugno 2019. Questa tipologia di imbarcazioni effettua la pesca in parte seguendo le norme dell’ICCAT che determina quote, periodi e barche autorizzate alla pesca.
Tonnare volanti è il nome delle barche dedite alla pesca del Tonno Rosso, che entra nel Mediterraneo per riprodursi; sono composte da una barca che traina una rete circolare tramite delle cime.
Per documentare la presenza dei tonni, abbiamo calato in acqua il gommone veloce “Thunder” ed un drone, che ci hanno permesso di documentare la presenza dei tonni nelle gabbie trasportate dai rimorchiatori verso i cosiddetti “ingrassatoi”.
La cattura dei tonni ha lo scopo di condurli vivi verso un altro luogo. Una volta raggiunto il posto predeterminato, i tonni vengono nutriti con sardine provenienti dal nord Europa, per poi essere uccisi in Novembre e trasportati successivamente in Giappone.
Le verifiche e le fasi dell’operazione Siso
Dopo aver certificato la corrispondenza alle norme previste per le norme ICCAT, abbiamo proseguito la navigazione con rotta verso nord. Determinante per comprendere l’importanza delle operazioni nel mar Tirreno è il fatto che la minor disponibilità di tonno rosso è legata al maggiore profitto per le aziende che ne detengono gli allevamenti e le quote congelate.
Nel nord Africa spesso le regole ICCAT non valgono o non vengono controllate e la IUU colpisce anche il tonno rosso: nel 2010 siamo entrati nel Mediterraneo con la nave Steve Irwin per liberare 800 tonni pescati illegalmente nelle gabbie fuori dalla stagione di pesca. La pesca illegale è il motivo per il quale il tonno rosso oggi è oggetto della pesca industriale non sostenibile contro cui continueremo a combattere: pirati della compassione contro i veri pirati del profitto.
L’operazione è proseguita anche dopo il tramonto; al calare della notte abbiamo intercettato un sistema di boe non segnalate e senza identificativi che, oltre ad essere un pericolo per la navigazione, erano collegate da una lenza madre di un enorme palangaro lungo dieci miglia.
Dopo averlo segnalato alle autorità ed aver ottenuto dalla guardia costiera l’autorizzazione per la rimozione, lo abbiamo monitorato tutta la notte. Dall’ultimo controllo all’alba è risultato legale ed abbiamo quindi cancellato il recupero.
La rete spadara e le sue vittime
L’11 giugno alle ore 10:30 del mattino abbiamo collaborato con la Guardia Costiera per la presenza di una rete spadara illegale ghost, probabilmente tagliata dai bracconieri durante le precedenti notti in mare.
Arrivati alle ore 14 davanti alla costa nord di Salina ed avvistata la rete, siamo subito intervenuti con un gommone e un sommozzatore, per poterla issarla a bordo tramite la gru. Questo tipo di rete tradizionalmente è chiamata “spadara” o “muro della morte”.
Il suo utilizzo è stato vietato dalle Nazioni Unite e dall’Europa da quasi 20 anni perché responsabile della morte di 30.000 mammiferi marini nel mondo tra cui: balene, capodogli, delfini e tartarughe. Issata la rete a bordo, abbiamo costatato la morte di cinque pesci spada di grandi dimensioni e di uno squalo (probabilmente una verdesca) rimasto intrappolato nelle maglie.
Operazione Siso: la quarta settimana
Il 28 giugno, durante la quarta settimana dell’Operazione Siso 2019, alle prime luci dell’alba, la M/VSam Simon ha individuato un nuovo obiettivo della campagna: una rete derivante illegale di tipo “spadara” in zona “Bravo”.
Grazie al coordinamento con la sezione operativa di Milazzo della Guardia Costiera, sono state acquisite e verificate la posizione e la tipologia della rete illegale. L’intera giornata è stata impegnata nel lavoro di preparazione necessario per issarla a bordo per la confisca.
Una volta calato in mare il gommone “Thunder” è stato documentato che nelle sue micidiali maglie la rete illegale aveva già intrappolato numerosi pesci. Successivamente all’arrivo di alcune imbarcazioni della Guardia Costiera, sono iniziate le operazioni di recupero della rete illegale, con il supporto della M/V Sam Simon e del gommone Thunder.
Il bilancio del recupero è stato di 39 vittime. nel dettaglio abbiamo rinvenuto: 32 tonni, 5 pesci spada, una guglia imperiale e una verdesca. Tra tante vittime siamo però stati colti da una sorpresa: una seconda verdesca di quasi tre metri ha iniziato a dare segni di vita! È stata subito liberata dalla rete ed una volta in mare, è stata restituita alla vita, senza danni e ferite visibili.
Operazione Siso e operazione Siracusa
Il 30 giugno la M/VSam Simon ha fa rotta verso Siracusa per un giorno di ormeggio dove, nella stessa notte un’altra operazione di Sea Shepherd era già attiva nel sud della Sicilia: l’operazione Siracusa.
20 volontari provenienti da sei nazionalità diverse stavano pattugliando le coste dell’area marina protetta del Plemmirio, occhi vigili in difesa del mare per proteggerne le cernie ed i ricci. Alle prime luci dell’alba i nostri volontari hanno individuato le prime irregolarità.
Tre pescatori con canna erano entrati nella zona di pesca dividendosi su due fronti; due di loro si erano diretti nella baia situata in direzione Ognina, mentre il terzo si era posizionato sugli scogli di fronte al porto di Siracusa.
Abbiamo quindi avvisato la polizia municipale, che in pochi minuti ha avviato i controlli. I pescatori risultavano già conosciuti alle forze dell’ordine, poiché segnalati e multati nei mesi precedenti per pesca senza regolare licenza.
Dopo nemmeno un’ora, a bordo di uno scooter, facevano ingresso nell’area marina protetta due giovani armati di coltelli e di un’ampia rete di plastica gialla, della tipologia solitamente utilizzata per la raccolta di molluschi. I due sono diretti verso gli scogli affacciati verso Siracusa ed hanno iniziato a staccare e raccogliere i frutti di mare, controllando minuziosamente la zona e soffermandosi molto spesso ad osservare i punti di ingresso al mare.
Anche in questo caso i nostri volontari hanno avvisato le forze dell’ordine che, come nella situazione precedente, sono intervenute in pochi minuti avvicinando i due per l’identificazione. A causa della mancanza di documenti, i due ragazzi sono stati portati al comando per l’identificazione. In seguito al controllo è stato possibile identificare i due bracconieri, che sono stati multati di 200 euro ciascuno per la pesca di molluschi eseguita con attrezzatura vietata.
Sea Shepherd contro la pesca illegale
Nel frattempo i volontari di Sea Shepherd hanno proseguito il pattugliamento della zona, ritrovando mute e materiale per l’immersione che i due ragazzi avevano lasciato in disparte. Questa attrezzatura sarebbe servita per la pesca dei ricci nel sotto costa, un’operazione illegale in questo tratto di mare.
La conferma di quanto ipotizzato si è concretizzata al rientro dei due dalla caserma quando, controllati a distanza dai volontari, sono stati visti recuperare il materiale, caricarlo sullo scooter ed allontanarsi.
Infine sono stati avvistati tre free diver con fucile subacqueo, intenti nella preparazione dell’attrezzatura prima di entrare in acqua. Una volta accertate le loro intenzioni ed in seguito alla segnalazione già avvenuta alla capitaneria di porto per una barca ancorata irregolarmente all’interno dell’area parco, sono partite le operazioni di fermo anche di questo gruppo di bracconieri.
La nave d’appoggio della capitaneria si è subito diretta in direzione dei free diver, che una volta compreso il pericolo di essere scoperti, si sono liberati dei fucili nascondendoli in mare e si sono diretti verso la costa, dove è intervenuta la polizia municipale.
I tre sono stati identificati; è emerso che si trattava di pescatori catanesi, ai quali è stato intimato di non proseguire in nessun tipo di attività marittima. La mancanza di flagranza di reato ha impedito di stilare un verbale ai pescatori, che risultano però segnalati alle forze dell’ordine.
Perché portiamo avanti Operazione Siso
Salvare vite è per Sea Shepherd la missione primaria e di ogni campagna; misuriamo il nostro successo proprio in base al numero di vite che salviamo. Da 450 milioni di anni gli squali popolano il nostro pianeta, influenzando ogni altra forma di vita conosciuta al giorno d’oggi.
Aver visto uno squalo, dalla forma così perfettamente sinuosa, nuotare via libero nell’immenso blu ha dato ancora più determinazione ai nostri volontari per continuare a pattugliare di giorno e di notte, fermando ogni azione di distruzione dei nostri oceani. Come dice il nostro fondatore, capitano Paul Watson, se muoiono gli oceani moriamo anche noi.
Operazione Siso 2019 ha dimostrato al mondo intero che nel più sovrasfruttato mare del mondo, ancora oggi si utilizzano reti derivanti illegali, nonostante sia stato rivelato un declino di questo sistema di pesca illegale rispetto a dieci anni fa.
Sea Shepherd tornerà con la flotta di Nettuno nel Mediterraneo per fare rispettare le leggi, in collaborazione con le autorità e riportare la giustizia sventolando il jolly roger in ogni luogo ove la vita degli oceani venga messa in pericolo.
Sea Shepherd è proprio questo: azione che fa la differenza. Come ogni giorno quando l’alba illumina l’orizzonte blu, i 27 ocean warriors (guardiani del mare) a bordo iniziano a pattugliare nel Mediterraneo con la motonave M/V Sam Simon per il mare e le vite che lo abitano.
Milioni di tonnellate di plastica vengono buttate nei mari ogni anno, miliardi di pesci illegalmente pescati e re-immessi nei mercati globali, cetacei costantemente uccisi da reti derivanti illegali; questi sono solamente alcuni degli innumerevoli crimini che l’uomo causa ad un mare ormai in serio pericolo, ma pronto a riprendersi la vita se protetto.
Ed oggi, come ci diceva Enzo Maiorca, dirigiamo la “prua della Sam Simon al mare” in sua difesa, conservazione e protezione, collaborando con le autorità ed i governi. Sempre determinati a proteggere il futuro della nostra stessa specie senza compromessi, lottando per la sopravvivenza e lottando contro l’estinzione.
Operazione Siso: perché questo nome?
Ma chi è Siso? Siso era un giovane Capodoglio morto nel 2017, dopo essere rimasto impigliato in una rete illegale di tipo “spadara”, durante il passaggio tra le Isole Eolie.
L’eroico tentativo di liberarlo ha impegnato la Guardia Costiera per molte ore ma non ha potuto salvarlo. Siso è stato trovato senza vita lungo la costa di Capo Milazzo dal biologo marino Carmelo Isgrò, che ne ha conservato lo scheletro mantenendo la rete che l’ha ucciso e la plastica presente nel suo stomaco, come monito per le generazioni future. Siso era il soprannome dell’amico scomparso in un incidente d’auto proprio in quei giorni e che aveva aiutato il dottor Isgrò nel recupero del capodoglio.
Puoi seguire le altre fasi dell’Operazione Siso su questa pagina.
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L’Operazione SISO è iniziata con le attività di pattugliamento in due aree a sud del mar Tirreno denominate Alpha e Bravo e terminata in altre due zone: Charlie e Delta.
L’attività investigativa da mare e da terra ha portato all’organizzazione ed allo svolgimento di controlli su motopescherecci nello specchio di mare di fronte a Bagnara Calabra, tristemente nota nella storia per l’uso di reti derivanti di tipo spadara.
La spadara è un tipo di rete pelagica derivante, composta da maglie comprese tra i 20 ed i 45 cm.
I dettagli dell’Operazione SISO
L’attività coordinata dei nostri gommoni veloci e delle motovedette della Guardia di Finanza, intervenute prontamente ed in concerto alle segnalazioni di pesca, hanno portato al controllo completo di due pescherecci.
Una delle due imbarcazioni ha tentato di liberarsi della rete derivante che stava utilizzando perché conteneva un pesce spada, ormai morto in una tremenda agonia, soffocato dalla rete che lo aveva completamente intrappolato.
La pesca con derivanti al pesce spada è vietata ed era questa la violazione che impauriva l’equipaggio del peschereccio, che ha tentato di liberarsi del corpo del reato rigettandolo in acqua. Tuttavia questo tentativo è stato impedito dall’intervento degli agenti della finanza.
Abbiamo incontrato le famose tonnare volanti seguendo la rotta a nord del vulcano Stromboli, durante la giornata del 10 giugno 2019. Questa tipologia di imbarcazioni effettua la pesca in parte seguendo le norme dell’ICCAT che determina quote, periodi e barche autorizzate alla pesca.
Tonnare volanti è il nome delle barche dedite alla pesca del Tonno Rosso, che entra nel Mediterraneo per riprodursi; sono composte da una barca che traina una rete circolare tramite delle cime.
Per documentare la presenza dei tonni, abbiamo calato in acqua il gommone veloce “Thunder” ed un drone, che ci hanno permesso di documentare la presenza dei tonni nelle gabbie trasportate dai rimorchiatori verso i cosiddetti “ingrassatoi”.
La cattura dei tonni ha lo scopo di condurli vivi verso un altro luogo. Una volta raggiunto il posto predeterminato, i tonni vengono nutriti con sardine provenienti dal nord Europa, per poi essere uccisi in Novembre e trasportati successivamente in Giappone.
Le verifiche e le fasi dell’operazione Siso
Dopo aver certificato la corrispondenza alle norme previste per le norme ICCAT, abbiamo proseguito la navigazione con rotta verso nord. Determinante per comprendere l’importanza delle operazioni nel mar Tirreno è il fatto che la minor disponibilità di tonno rosso è legata al maggiore profitto per le aziende che ne detengono gli allevamenti e le quote congelate.
Nel nord Africa spesso le regole ICCAT non valgono o non vengono controllate e la IUU colpisce anche il tonno rosso: nel 2010 siamo entrati nel Mediterraneo con la nave Steve Irwin per liberare 800 tonni pescati illegalmente nelle gabbie fuori dalla stagione di pesca. La pesca illegale è il motivo per il quale il tonno rosso oggi è oggetto della pesca industriale non sostenibile contro cui continueremo a combattere: pirati della compassione contro i veri pirati del profitto.
L’operazione è proseguita anche dopo il tramonto; al calare della notte abbiamo intercettato un sistema di boe non segnalate e senza identificativi che, oltre ad essere un pericolo per la navigazione, erano collegate da una lenza madre di un enorme palangaro lungo dieci miglia.
Dopo averlo segnalato alle autorità ed aver ottenuto dalla guardia costiera l’autorizzazione per la rimozione, lo abbiamo monitorato tutta la notte. Dall’ultimo controllo all’alba è risultato legale ed abbiamo quindi cancellato il recupero.
La rete spadara e le sue vittime
L’11 giugno alle ore 10:30 del mattino abbiamo collaborato con la Guardia Costiera per la presenza di una rete spadara illegale ghost, probabilmente tagliata dai bracconieri durante le precedenti notti in mare.
Arrivati alle ore 14 davanti alla costa nord di Salina ed avvistata la rete, siamo subito intervenuti con un gommone e un sommozzatore, per poterla issarla a bordo tramite la gru. Questo tipo di rete tradizionalmente è chiamata “spadara” o “muro della morte”.
Il suo utilizzo è stato vietato dalle Nazioni Unite e dall’Europa da quasi 20 anni perché responsabile della morte di 30.000 mammiferi marini nel mondo tra cui: balene, capodogli, delfini e tartarughe. Issata la rete a bordo, abbiamo costatato la morte di cinque pesci spada di grandi dimensioni e di uno squalo (probabilmente una verdesca) rimasto intrappolato nelle maglie.
Operazione Siso: la quarta settimana
Il 28 giugno, durante la quarta settimana dell’Operazione Siso 2019, alle prime luci dell’alba, la M/V Sam Simon ha individuato un nuovo obiettivo della campagna: una rete derivante illegale di tipo “spadara” in zona “Bravo”.
Grazie al coordinamento con la sezione operativa di Milazzo della Guardia Costiera, sono state acquisite e verificate la posizione e la tipologia della rete illegale. L’intera giornata è stata impegnata nel lavoro di preparazione necessario per issarla a bordo per la confisca.
Una volta calato in mare il gommone “Thunder” è stato documentato che nelle sue micidiali maglie la rete illegale aveva già intrappolato numerosi pesci. Successivamente all’arrivo di alcune imbarcazioni della Guardia Costiera, sono iniziate le operazioni di recupero della rete illegale, con il supporto della M/V Sam Simon e del gommone Thunder.
Il bilancio del recupero è stato di 39 vittime. nel dettaglio abbiamo rinvenuto: 32 tonni, 5 pesci spada, una guglia imperiale e una verdesca. Tra tante vittime siamo però stati colti da una sorpresa: una seconda verdesca di quasi tre metri ha iniziato a dare segni di vita! È stata subito liberata dalla rete ed una volta in mare, è stata restituita alla vita, senza danni e ferite visibili.
Operazione Siso e operazione Siracusa
Il 30 giugno la M/V Sam Simon ha fa rotta verso Siracusa per un giorno di ormeggio dove, nella stessa notte un’altra operazione di Sea Shepherd era già attiva nel sud della Sicilia: l’operazione Siracusa.
20 volontari provenienti da sei nazionalità diverse stavano pattugliando le coste dell’area marina protetta del Plemmirio, occhi vigili in difesa del mare per proteggerne le cernie ed i ricci. Alle prime luci dell’alba i nostri volontari hanno individuato le prime irregolarità.
Tre pescatori con canna erano entrati nella zona di pesca dividendosi su due fronti; due di loro si erano diretti nella baia situata in direzione Ognina, mentre il terzo si era posizionato sugli scogli di fronte al porto di Siracusa.
Abbiamo quindi avvisato la polizia municipale, che in pochi minuti ha avviato i controlli. I pescatori risultavano già conosciuti alle forze dell’ordine, poiché segnalati e multati nei mesi precedenti per pesca senza regolare licenza.
Dopo nemmeno un’ora, a bordo di uno scooter, facevano ingresso nell’area marina protetta due giovani armati di coltelli e di un’ampia rete di plastica gialla, della tipologia solitamente utilizzata per la raccolta di molluschi. I due sono diretti verso gli scogli affacciati verso Siracusa ed hanno iniziato a staccare e raccogliere i frutti di mare, controllando minuziosamente la zona e soffermandosi molto spesso ad osservare i punti di ingresso al mare.
Anche in questo caso i nostri volontari hanno avvisato le forze dell’ordine che, come nella situazione precedente, sono intervenute in pochi minuti avvicinando i due per l’identificazione. A causa della mancanza di documenti, i due ragazzi sono stati portati al comando per l’identificazione. In seguito al controllo è stato possibile identificare i due bracconieri, che sono stati multati di 200 euro ciascuno per la pesca di molluschi eseguita con attrezzatura vietata.
Sea Shepherd contro la pesca illegale
Nel frattempo i volontari di Sea Shepherd hanno proseguito il pattugliamento della zona, ritrovando mute e materiale per l’immersione che i due ragazzi avevano lasciato in disparte. Questa attrezzatura sarebbe servita per la pesca dei ricci nel sotto costa, un’operazione illegale in questo tratto di mare.
La conferma di quanto ipotizzato si è concretizzata al rientro dei due dalla caserma quando, controllati a distanza dai volontari, sono stati visti recuperare il materiale, caricarlo sullo scooter ed allontanarsi.
Infine sono stati avvistati tre free diver con fucile subacqueo, intenti nella preparazione dell’attrezzatura prima di entrare in acqua. Una volta accertate le loro intenzioni ed in seguito alla segnalazione già avvenuta alla capitaneria di porto per una barca ancorata irregolarmente all’interno dell’area parco, sono partite le operazioni di fermo anche di questo gruppo di bracconieri.
La nave d’appoggio della capitaneria si è subito diretta in direzione dei free diver, che una volta compreso il pericolo di essere scoperti, si sono liberati dei fucili nascondendoli in mare e si sono diretti verso la costa, dove è intervenuta la polizia municipale.
I tre sono stati identificati; è emerso che si trattava di pescatori catanesi, ai quali è stato intimato di non proseguire in nessun tipo di attività marittima. La mancanza di flagranza di reato ha impedito di stilare un verbale ai pescatori, che risultano però segnalati alle forze dell’ordine.
Perché portiamo avanti Operazione Siso
Salvare vite è per Sea Shepherd la missione primaria e di ogni campagna; misuriamo il nostro successo proprio in base al numero di vite che salviamo. Da 450 milioni di anni gli squali popolano il nostro pianeta, influenzando ogni altra forma di vita conosciuta al giorno d’oggi.
Aver visto uno squalo, dalla forma così perfettamente sinuosa, nuotare via libero nell’immenso blu ha dato ancora più determinazione ai nostri volontari per continuare a pattugliare di giorno e di notte, fermando ogni azione di distruzione dei nostri oceani. Come dice il nostro fondatore, capitano Paul Watson, se muoiono gli oceani moriamo anche noi.
Operazione Siso 2019 ha dimostrato al mondo intero che nel più sovrasfruttato mare del mondo, ancora oggi si utilizzano reti derivanti illegali, nonostante sia stato rivelato un declino di questo sistema di pesca illegale rispetto a dieci anni fa.
Sea Shepherd tornerà con la flotta di Nettuno nel Mediterraneo per fare rispettare le leggi, in collaborazione con le autorità e riportare la giustizia sventolando il jolly roger in ogni luogo ove la vita degli oceani venga messa in pericolo.
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Azioni che fanno la differenza
Sea Shepherd è proprio questo: azione che fa la differenza. Come ogni giorno quando l’alba illumina l’orizzonte blu, i 27 ocean warriors (guardiani del mare) a bordo iniziano a pattugliare nel Mediterraneo con la motonave M/V Sam Simon per il mare e le vite che lo abitano.
Milioni di tonnellate di plastica vengono buttate nei mari ogni anno, miliardi di pesci illegalmente pescati e re-immessi nei mercati globali, cetacei costantemente uccisi da reti derivanti illegali; questi sono solamente alcuni degli innumerevoli crimini che l’uomo causa ad un mare ormai in serio pericolo, ma pronto a riprendersi la vita se protetto.
Ed oggi, come ci diceva Enzo Maiorca, dirigiamo la “prua della Sam Simon al mare” in sua difesa, conservazione e protezione, collaborando con le autorità ed i governi. Sempre determinati a proteggere il futuro della nostra stessa specie senza compromessi, lottando per la sopravvivenza e lottando contro l’estinzione.
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Ma chi è Siso? Siso era un giovane Capodoglio morto nel 2017, dopo essere rimasto impigliato in una rete illegale di tipo “spadara”, durante il passaggio tra le Isole Eolie.
L’eroico tentativo di liberarlo ha impegnato la Guardia Costiera per molte ore ma non ha potuto salvarlo. Siso è stato trovato senza vita lungo la costa di Capo Milazzo dal biologo marino Carmelo Isgrò, che ne ha conservato lo scheletro mantenendo la rete che l’ha ucciso e la plastica presente nel suo stomaco, come monito per le generazioni future. Siso era il soprannome dell’amico scomparso in un incidente d’auto proprio in quei giorni e che aveva aiutato il dottor Isgrò nel recupero del capodoglio.
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